La crisi alimentare si sta facendo largo e fra qualche anno i nostri cibi preferiti potrebbero non essere più sulla nostra tavola.
Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti noi: le condizioni metereologiche e le temperature estreme, l’aumento dell’inquinamento e delle tossine ambientali e la scarsità di acqua dolce sono tutti elementi che attaccano la nostra sicurezza alimentare.
Un elemento fondamentale per la nostra esistenza, perché la salute si costruisce a tavola, sulla base di ciò che mangiamo. Il cibo è il nostro carburante, che fornisce l’energia indispensabile al buon funzionamento dell’organismo.
Se vogliamo continuare a vivere bene, dobbiamo rivedere la dieta e renderla più equilibrata.
La crisi alimentare globale è strettamente connessa al “sistema alimentare”: un mondo complesso e articolato, che comprende produzione, trasporto, trasformazione, confezionamento, stoccaggio, vendita al dettaglio, consumo, perdite e sprechi.
Secondo il report “Cambiamento climatico e Territorio”, stilato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’offerta alimentare pro-capite è aumentata di oltre il 30% negli ultimi sessant’anni.
Questo sistema è sottoposto a forti pressioni, che possiamo distinguere in due macro categorie:
Tutti questi fattori impattano sui quattro pilastri della sicurezza alimentare:
Vediamo dove impattano maggiormente questi cambiamenti.
La pastorizia è praticata da più di 200-500 milioni di persone, in oltre il 75% dei Paesi al mondo. La sua vulnerabilità ai cambiamenti climatici è molto elevata e comporta la riduzione dei pascoli e della produttività degli animali, il danneggiamento della funzione riproduttiva e la perdita di biodiversità.
La frutta e la verdura, componenti fondamentali di una dieta sana, risentono dei cambiamenti climatici. Se da un lato, lo stress da caldo accelera lo sviluppo degli ortaggi annuali, dall’altro compromette la qualità del prodotto.
Non solo: alcune varietà necessitano di un periodo di accumulo di freddo per produrre un raccolto redditizio, ma gli inverni sempre più caldi costituiscono un rischio.
Il frutto più instagrammato di sempre potrebbe non comparire più nel nostro feed (tanto meno sulla nostra tavola). Il motivo? Per produrre un solo chilo di avocado servono circa 200mila litri di acqua: una richiesta difficile da sostenere, soprattutto sul lungo periodo.
A rischio di estinzione anche i frutti più amati da grandi e piccini. La loro delicatezza mal si concilia con la crisi climatica che stiamo vivendo, infatti per crescere e maturare richiedono temperature costanti, ormai sempre più rare.
Più della metà della popolazione mondiale basa gran parte della propria alimentazione sui cereali, in particolare mais, riso, grano. Siccità e alluvioni rischiano di farli scomparire, così come l’aumento della domanda del 33% nel 2050.
Questo si prospetta un grande problema alimentare, non solo per noi italiani amanti della pasta, ma anche per milioni di persone nel mondo.
Cambiamento climatico e pesticidi stanno divorando le api, che ormai sono una specie a rischio di estinzione.
Il problema, quindi, non è solo quello di non ottenere più miele, uno dei migliori antibiotici presenti in natura, ma anche tutte le delizie che nascono grazie al loro instancabile lavoro.
Le api, infatti, rivestono un ruolo cruciale come impollinatori, dalla cui attività dipende circa il 70% della produzione agricola mondiale, come arance, mele, zucche, pomodori e meloni, per esempio.
L’ingrediente migliore per addolcire pancakes e waffle rischia di diventare un bellissimo ricordo.
La speciale linfa dell’acero, infatti, viene spinta fuori dalla corteccia grazie alla pressione provocata dal cambiamento di temperatura tra il giorno e la notte (anche quando si arriva al di sotto dello 0). Se la temperatura media in Canada dovesse aumentare di oltre 6 gradi, questo processo estremamente complicato potrebbe non manifestarsi più.
Immaginare un mondo senza questa bontà è una vera tortura.
Secondo uno studio dell’International Center for Tropical Agriculture, entro la metà del secolo il cioccolato è destinato a diventare raro, prezioso ed esclusivo, quindi acquistabile solo da pochi fortunati. Gli altri potrebbero essere costretti ad optare per prodotti caratterizzati da una bassissima percentuale di cacao e arricchiti da surrogati, come olio, zucchero e frutta secca.
Le piante di cacao, infatti, necessitano di condizioni particolari per crescere, come un’umidità compresa tra il 70% e il 100%. Tanti mesi di siccità, che si susseguono sempre più spesso, possono arrecare danni a radici e fusto.
Se si desidera continuare a gustare queste prelibatezze, bisognerà combinare azioni sul lato dell’offerta, come una produzione, un trasporto e una lavorazione efficienti, con interventi sul lato della domanda, come la modifica delle scelte alimentari e la riduzione degli sprechi. Solo così si potranno ridurre le emissioni di gas serra e aumentare la resilienza del sistema alimentare.
Queste misure combinate possono consentire l’attuazione di strategie di adattamento e mitigazione su larga scala basate sul territorio, senza mettere a rischio la sicurezza alimentare a causa dell’aumento della competizione per i terreni destinati alla produzione agricola e dei prezzi dei prodotti alimentari. In questo modo, non si verificherebbe l’aumento delle persone malnutrite e non ci sarebbero impatti negativi sui piccoli agricoltori.
Infine, per migliorare l’alimentazione, rivestono un ruolo cruciale anche le politiche sanitarie pubbliche, come gli appalti scolastici, gli incentivi per le assicurazioni sanitarie e le campagne di sensibilizzazione, che possono modificare la domanda, ridurre i costi sanitari e contribuire ad abbassare le emissioni di gas serra.
Come diceva Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia”. Del resto, la natura influenza il benessere psico-fisico degli umani, per questo dovremmo imparare a non essere ingordi con lei.
Avete mai pensato a cosa potremmo diventare, una volta terminate le scorte della dispensa terrestre?
Fonti: